A spasso nel deserto in compagnia di Carla Perrotti
Due chiacchiere con Carla Perrotti, grande esploratrice di deserti: insieme alle sue risposte scopriamo il segreto per realizzare i propri sogni.
Alla fine dell’edizione precedente di Parole on the road (che trovi qui) ho detto che avrei parlato di deserti e del segreto della felicità dei Boscimani africani. Ma, come sempre in ogni viaggio che si rispetti, i miei piani sono saltati perché, proprio quando pensavo che Carla non avrebbe più risposto alla mia richiesta di intervista, con mia grande gioia (e devo ammettere, emozione) arriva la conferma: posso addirittura telefonarle! Ecco, quindi, il racconto di cosa ci siamo dette (a fine articolo troverete anche l’elenco delle imprese e i link ai suoi libri!).
Ho scoperto l’esistenza di Carla Perrotti per caso, dalla televisione. Il che è molto strano per due ragioni: uno, io non possiedo un televisore; due, non mi capacito di come la sua esistenza e la sua storia mi siano potute sfuggire. Fatto sta che decidere cosa chiedere a una donna del suo calibro non è stato semplice: da un lato volevo evitare le domande troppo banali, trite e ritrite, dall’altro dovevo fare una scelta tra le mille cose che avrei voluto effettivamente chiederle. Così, per prepararmi al meglio, ho letto il suo primo libro intitolato «Deserti», uscito la prima volta nel 1999 e che di recente si è aggiudicato il Gist Travel Stories Award, il premio letterario del Gruppo Italiano Stampa Turistica.
(Carla Perrotti e il suo libro «Deserti», foto dal Web)
Quando le chiedo come si definisce, Carla Perrotti risponde «documentarista, scrittrice ed esploratrice» e ci tiene a sottolineare che non le piace il termine «avventuriera», troppo moderno e ordinario. Di madre austriaca e cresciuta in una famiglia di sportivi (uno su tutti lo zio materno Raimondo Bucher, primo recordman ufficiale nella storia delle immersioni in apnea), non sorprende che Carla abbia ereditato uno spiccato spirito agonistico. E siccome, come lei stessa ha affermato, l’agonismo si pratica solo da giovani, trova nelle esplorazioni estreme la naturale evoluzione di tale spirito e dell’amore per ciò che sta attorno all’agonismo: le persone, la preparazione sportiva – a volte massacrante –, la disciplina e la possibilità di sfidare i propri limiti.
Ma è quando le chiedo la reazione delle persone attorno a lei di fronte alle sue esplorazioni desertiche che emerge netto, limpido e piacevolmente tranchant lo spirito di Carla Perrotti: chi ti ama e ti conosce non ha bisogno di spiegazioni o, quantomeno, fa lo sforzo di capire cosa ti spinge a partire per un’attraversata in solitaria di un deserto. Mentre tutti gli altri (gli amici, o presunti tali) lasciano il tempo che trovano: non capiscono l’esigenza che spinge a fare certe cose e, tutto sommato, non vale la pena sprecare tempo e fiato per cercare di farglielo capire. Non comprendono (o non vogliono comprendere?) che per vivere i propri sogni è necessario lavorare sodo, fare sacrifici e dare fondo a tutto il proprio coraggio – facendo, a volte, scelte non facili.
Poi passiamo a parlare di fatalismo. In «Deserti» scrive: «Sono sempre stata piuttosto fatalista (non potrei vivere queste esperienze se non lo fossi» e io le chiedo se sia sempre stata fatalista oppure se lo sia diventata a seguito delle sue esplorazioni. Ossia: è nato prima l’uovo o la gallina? Carla è sempre stata fatalista anche perché ha vissuto da vicino la morte di persone care (cita Fogar e Gayardon), perite in circostanze relativamente normali (secondo i loro standard). Qui il mio cuore salta un battito perché questi due personaggi sono stati per me molto importanti: il primo rappresenta un forte legame con mio padre, con il mare e con la vela e, il secondo, mi ha riportata indietro agli anni ’90 quando, da ragazzina, invece del «Cioè» compravo la rivista «No limits» (o almeno mi pare si chiamasse così) e leggevo sognante quelle pagine per me magiche.
Tornando a Carla, racconta che anche nel momento in cui, nel deserto del Kalahari, si trova nel raggio d’azione di un leone, non ha avuto paura. C’era il timore, c’era la preoccupazione, ma non la paura – certo, dice, a volte è anche questione di fortuna. Nelle sue parole scorgo una sorta di semplice accettazione del fatto umano più noto a tutti: siamo tutti destinati a morire. Non sappiamo né come né quando e, di conseguenza, tanto vale vivere fino in fondo e accettare la fine con una buona dose di serenità. Il discorso sul fatalismo si intreccia, gioco forza, con quello della paura: nella definizione di Carla, la paura è il campanello d’allarme sul limite, ossia quando arriva significa che siamo già oltre il nostro limite.
Nel libro parla anche di equilibrio e allora le chiedo di approfondire. Malgrado la narrazione attorno al concetto di «record» fosse necessaria agli sponsor (Carla è entrata a far parte del «Sector No Limits Team»), la nostra esploratrice non è mai partita con l’idea di stabilirne o batterne uno. Questo le ha sempre lasciato ampia libertà di scelta, permettendole di dire «basta, mi fermo» quando semplicemente lo avesse ritenuto necessario.
«Nel momento in cui si lascia la realtà per vivere i propri sogni è il sogno stesso a diventare la nuova realtà, e il cambiamento va accettato molto rapidamente se si vuole realizzare quanto si desidera.»
In parte riesco a immedesimarmi nel suo sentire perché, nel corso del mio viaggio dalla Svizzera al Giappone, anche io mi sono trovata a dover dire «basta» e spedire la moto per recuperare la serenità di viaggio che avevo perso. Naturalmente, il paragone non regge perché Carla si è trovata a questo punto nel Kalahari quando, per la mancanza di acqua, aveva deciso che avrebbe interrotto il viaggio se non avesse trovato acqua entro un tot di ore. Di nuovo, la fortuna le sorride e lei e il suo compagno di viaggio (boscimane) trovano l’acqua che permette a entrambi di proseguire (e portare a termine) il viaggio1.
«Credo sia questo il vero segreto per portare avanti in maniera positiva le prove più difficili e uscirne profondamente arricchiti nello spirito: riuscire a raggiungere l’equilibrio tra noi e quanto ci circonda, senza forzature e imposizioni di alcun tipo, bensì seguendo la strada della semplicità e della naturalezza […] Ritengo che sia l’equilibrio, tanto interiore quanto esteriore, la vera forza che governa il mondo: quando per qualsiasi motivo viene a mancare è il caos.»
Parlando con lei, intuisco che, come per me, le vere difficoltà a mantenere o ritrovare l’equilibrio si presentano al rientro: ridendo, Carla definisce il rientro «una faccenda complicata». Ma la definisce anche un’esperienza utile perché le permette di elaborare gli insegnamenti appresi durante le sue esplorazioni e di applicarli alla vita quotidiana. In particolare, circondarsi di persone di un certo tipo, evitare di conformarsi ai ritmi frenetici della vita moderna ed evitare il più possibile lo spreco. Quest’ultima tematica le sta particolarmente a cuore perché, dice, dopo aver incontrato persone che vivono con poco più di niente, il nostro stile di vita occidentale le risulta «sbagliato».
«L’esperienza che sto vivendo in pochi giorni ha ribaltato quella scala di valori che ci si costruisce nella mente e che ognuno di noi elabora in base allo stile di vita, all’educazione ricevuta e alle proprie necessità. Quelli che avevo ritenuto bisogni primari non hanno più alcuna importanza, mentre diventano indispensabili necessità che non ho mai neanche considerato.»
Torniamo a parlare di sacrifici e Carla racconta di come è riuscita a trasmettere queste lezioni a suo figlio, attraverso l’esempio, i sacrifici fatti con gioia, nella speranza di formare il carattere e di infondere sicurezza nel piccolo Max. Questo approccio alla condivisione, al voler trasmettere le lezioni apprese in viaggio, traspare anche da una frase nella prefazione alla nuova edizione del libro: «Quando ho affrontato le mie imprese in solitaria, volevo dare un esempio concreto, in particolare ai giovani, su come vivere da protagonisti la propria esistenza ponendosi degli obiettivi e lottando per raggiungerli.»
Oggi Carla è (anche) nonna e vedere suo figlio avere lo stesso approccio con i nipoti è la conferma di aver scelto la strada giusta: il sacrificio paga, che si tratti di coronare un sogno o di crescere una famiglia.
Carla trasmette forza e serenità anche solo al telefono e devo dire che quei 30 minuti mi hanno nutrito come fossero stati tre giorni. Ma c’è un altro aspetto di Carla che traspare e di cui non abbiamo avuto modo di parlare: l’umiltà. Viaggiare (soprattutto quando ci si spinge fuori dai percorsi più battuti) ti insegna soprattutto che, in fin dei conti, non sei altro che un puntino su un sassolino che ruota a una velocità spropositata nel grande Universo. Lo dice bene Ala, un Tuareg che fa parte della carovana e che accompagna Carla attraverso il deserto del Ténéré:
«“Parla se hai qualche problema, non tenere tutto nel cuore, il deserto non perdona, ma aiuta chi sa essere umile”. Ripenso alle sue parole mentre mi preparo a partire: è qui il segreto, nell’umiltà. Non è con la forza che si vince, ma con la calma, con l’equilibrio, con la consapevolezza dei propri limiti. Questa è la vera strada da seguire.»
Per concludere, vorrei citare un’ultima frase dal libro «Deserti», in cui Carla scrive: «Credo che per ognuno di noi la vera felicità sia quella di realizzare i sogni della propria infanzia» e inizialmente volevo chiederle un consiglio, sapere cosa serve per realizzare questi sogni ma, in realtà, dalla nostra chiacchierata emerge già la risposta a questa domanda: sacrifici, disciplina e una buona dose di coraggio.
Le imprese di Carla Perrotti (per maggiori informazioni, visitare www.carlaperrotti.com):
1991: attraversa da sola con i Tuareg in Sahara il deserto del Ténéré in Niger e seguito di una carovana del sale.
1994: traversata in solitaria a piedi del Salar de Uyuni in Bolivia.
1996: in compagnia di un cacciatore Boscimane, attraversa per 350 km una parte del deserto del Kalahari in Botswana.
1998: traversata in solitaria e in autosufficienza del deserto del Taklimakan in Cina, percorrendo 550 km in 24 giorni.
2003: chiude il ciclo «un Deserto per Continente» – da sola, in 20 giorni, attraversa a piedi il Simpson Desert, nel cuore del continente australiano, come prima donna al mondo a portare a termine questa impresa.
2008: attraversamento a piedi in solitaria del deserto dell’Akakus Tadrarf in Libia. Per la prima volta a una donna viene concesso di percorrere da sola il deserto libico in nome della pace in Africa.
2008: per 15 giorni e 250 km fa da guida al non vedente e maratoneta Fabio Pasinetti nel deserto bianco egiziano.
Novità su Parole on the Road
Come sapete questa è una newsletter gratuita e ho la ferma intenzione a continuare a offrirla in questo modo. Tuttavia, sto iniziando a valutare alternative per finanziare il mio impegno. La prima alternativa che vi presento oggi è essere stata accettata nel programma di affiliazione di ibs.it. Personalmente, ho sempre creduto molto nel progetto di ibs.it – ben prima che venisse rilevata da Feltrinelli – e sono loro cliente da anni. Sono felice quindi di poter contribuire a rafforzare la loro attività e, al contempo, di finanziare almeno parzialmente i miei sforzi di scrittura. Da oggi, quindi, quando inserirò link per l’acquisto di libri sappiate che, in caso ne acquistaste uno, io riceverò una piccola percentuale sul prezzo di vendita. Per comunicare questa cosa, troverete questa immagine:
Ecco dunque i primi suggerimenti di lettura
«Deserti», di Carla Perrotti. In questo libro racconta le sue prime tre imprese attraverso tre deserti molto diversi, eppure così simili tra loro.
«Silenzi di sabbia», sempre di C. Perrotti e, sempre della protagonista di questo articolo, «Lo sguardo oltre le dune».
Precisazione: Carla ha attraversato il deserto del Kahlari in solitaria, ma la presenza di una guida non è una contraddizione. Semplicemente, la guida era un appartenente alla tribù dei Boscimani africani che ha accompagnato Carla per una parte del percorso perché era in grado di trovare acqua lungo il percorso (i Boscimani conscono i luoghi dove lasciano volutamente dell’acqua lungo le tratte che percorrono a piedi).