«Capitano, o mio capitano!»
Un pezzo intimo, come non mi capita mai di scrivere, ma che avevo bisogno di mettere nero su bianco. Grazie in anticipo a te che lo leggerai.
Questo testo vuole essere due cose: un tributo nel giorno del decimo anniversario della sua scomparsa a una persona speciale che ha irrimediabilmente modificato il corso della mia vita e un’ode al dolore. Sì, perché grazie al dolore sono diventata una persona migliore, più forte. Ma, soprattutto, il dolore è stata la spinta che mi ha portato a partire per un viaggio epico che ha irrimediabilmente modificato il corso della mia vita e che, ancora oggi, influenza le mie scelte.
Oggi 14 febbraio 2024 sono dieci anni che non ci sei più. La tua morte, e la mia esperienza di starti vicino negli ultimi mesi e istanti di vita, sono state una delle esperienze più importanti e formative della mia vita che ancora oggi influenzano il mio presente, le mie scelte, chi sono.
Non rimpiango niente. I soldi spesi, il tempo investito, i chilometri avanti e indietro. Le notti insonni. Il dolore che provavo di riflesso vedendoti contorcere per le fitte che ti provocava il cancro malgrado la morfina. Le lacrime versate. Non rimpiango nemmeno aver perso tutto il resto del gruppo di persone che ti stava accanto. Penso che ci siamo persi nel momento esatto in cui te ne sei andato. Il nostro era un sodalizio dettato dalle circostanze e avevamo bisogno di unirci per affrontare quello che avevamo davanti. Scomparso tu, noi non avevamo più motivo di tenerci in contatto. E per quanto mi abbia fatto male allora, oggi capisco che va bene così. Avevamo bisogno ognuno di affrontare la tua perdita, a modo proprio.
Ti ho amato con tutta me stessa e rifarei tutto da capo, esattamente nello stesso modo. Conoscerti mi ha fatto aprire gli occhi sulla mia relazione di quel tempo ma, soprattutto, mi ha permesso di trovare il coraggio di chiuderla e di prendere in mano la mia vita. Tu mi hai dato ciò di cui avevo bisogno in quel momento: non un nuovo compagno bensì qualcuno che credesse in me senza condizioni, senza ricatti. Qualcuno che volesse che facessi il possibile per essere la versione migliore di me. In questo sei stato davvero un abile insegnante e l’unico modo che mi resta per onorare il tuo ricordo è questo: cercare, ogni santo giorno, di essere la versione migliore di me. Questo tuo supporto incondizionato è stato ciò che mi ha dato la forza di uscire da una relazione tossica e di partire alla ricerca di me stessa.
Perché, per quanto banale possa suonare, il mio viaggio in moto in Giappone, che in questo 2024 compie dieci anni, è stato un viaggio di ricerca e di scoperta di me. Di una nuova me. Viaggio che senza la tua morte probabilmente non avrebbe visto la luce.
Ricordo ancora come fosse ieri quando, dopo che ci sentimmo al telefono e mi dissi che i medici ti avevano dato tre mesi di vita, mi posi la domanda più importante di tutte: «Se succedesse a me, se oggi mi dicessero che devo morire presto, sarei soddisfatta della mia vita?». Il mio viaggio in moto in Giappone è stata la risposta a quella domanda, o almeno un primo passo verso la risposta.
In questi dieci anni sono successe un sacco di cose. Ho imparato che sono molto più brava a partire per un viaggio e invece sono pessima quando si tratta di tornare. «Tornare» è una condizione che non mi appartiene e non so se mai imparerò a farlo fino in fondo. Credo che in questo fossimo uguali. Anche tu eri fatto per partire e anche tu eri alla ricerca di un modo che ti rendesse tollerabile il fatto di restare. La mia consolazione è sapere che, almeno in parte, ci sei riuscito.
La tua esperienza mi ha insegnato ad amare la vita per quello che è perché non sai quanto tempo ti resta da vivere. Le sorprese, belle o brutte, sono sempre dietro l’angolo e se solo ci ricordassimo tutti più spesso di questa cosa forse, e dico forse, la smetteremmo di preoccuparci delle cose inutili e riusciremmo a vivere meglio il «qui e ora». D’altra parte, devo ammetterlo, questa esperienza mi ha anche messo addosso una certa ansia, come se dovessi fare tutto nel più breve tempo possibile perché «non si sa mai». Per fortuna, con il passare del tempo questa ansia è andata affievolendosi fino a scomparire (quasi) del tutto.
Una delle sensazioni più belle che ho provato con te era sapere che ti avrei seguito fino in capo al mondo. Con te non avrei avuto paura nemmeno nella peggior tempesta che si sia mai vista. Mi davi questa sensazione ed era la prima volta in vita mia che la provavo. In questi dieci anni ho cercato di ricreare quella sensazione dentro di me e sono fiera di esserci riuscita. In questo, la vela è sicuramente una grande maestra. Sperare di controllare tutto è semplicemente impensabile. Anzi, devi fare l’esatto contrario. Imparare a settare le vele in base al vento che tira e adeguarti ai suoi capricci.
Sorridendo, ricordo anche i momenti passati a parlare del mio viaggio. Quando abbiamo pensato di ritrovarci in Russia, al lago Baikal, dove avremmo fatto un trekking a cavallo. Per questo presi lezioni di equitazione e, cadendo malamente, mi ruppi un braccio rischiando di non poter partire. Ma da brava testarda quale sono all’ultima visita dal chirurgo gli dissi cosa avevo in mente di fare e aggiunsi «se qualcosa va storto, dottore, sarà solo colpa sua». Il medico rise di gusto e anche io. Poi invece è andato tutto bene, esattamente come doveva andare. Che è poi quello che succede sempre.
Ci affanniamo così tanto a cercare di tenere insieme i pezzi della nostra vita che ci dimentichiamo che non teniamo insieme proprio un bel niente. Che l’unica cosa che possiamo fare è amare incondizionatamente, a cominciare da noi stessi. E questo è quanto. Per il resto, ci pensa la vita, una maestra saggia e brutale, proprio come il mare.
Anche se ora accade molto più di rado, ci sono ancora momenti in cui mi manchi tanto che mi sembra di non riuscire a respirare. Però poi penso che sia stata fortunata ad averti incontrato in questo mio viaggio che chiamiamo vita e allora sono serena. Triste, ma serena. E provo un’immensa gratitudine per tutto quello che hai rappresentato e che ancora rappresenti.
Sono anni che non metto piede su una barca a vela: a essere onesta senza di te non è più lo stesso. Ma da qualche parte so che prima o poi riprenderò ad andarci. E quando sarò là fuori, sul grande specchio blu del mare, so che tu sarai con me.
Buon vento Capitano, ovunque tu sia
Grazie a te Marta, molto bello
davvero toccante, grazie...