Donne viaggiatrici: Ilaria Gianfagna
Una nuova intervista a una nomade digitale di lungo corso.
Ilaria è una giornalista di origini friulane che, qualche anno fa, ha deciso di partire per l’Australia con l’obiettivo di fondare un’azienda. Da allora, viaggia lavorando da remoto tra l’Asia e l’America.
Il coraggio di partire
Alla mia domanda su come abbia deciso di partire e cambiare vita, Ilaria parla di due tipi di coraggio. Il primo è quello che le è servito per andare all’estero le prime volte grazie al programma Erasmus. Tuttavia, in questi casi aveva sempre la giustificazione di un obiettivo – di studio o lavoro – che in qualche modo supportava la sua scelta di viaggio (sia con sé stessa che agli occhi degli altri). Mentre la paura più grossa, e quindi il coraggio più grande, è emersa quando ha deciso di partire da sola, senza un programma di studio o lavoro. Ha scelto di partire semplicemente perché era ciò che voleva, consapevole che rinunciare avrebbe significato vivere una vita infelice. Ha dovuto trovare la forza di partire e superare le paure che la bloccavano e le impedivano di fare il grande passo verso una vita da nomade digitale. La paura c’è ancora ogni volta che fa un passo nuovo in questa direzione ma, secondo quanto ci racconta, ora è diventata brava a superarla.
Il nomadismo digitale secondo Ilaria
Come ho scritto in questo articolo, il nomadismo digitale è uno stile di vita che ognuno interpreta a modo suo. Per Ilaria essere nomadi digitali significa anche solo lavorare dal bar sotto casa. Non è necessario lavorare da luoghi esotici e lontani, è più una questione legata ai concetti di movimento e flessibilità. Soprattutto, per lei il nomadismo digitale è la soluzione che le permette di viaggiare e scoprire il mondo portandosi dietro il proprio lavoro. Tuttavia, ha dovuto imparare a gestire tutta questa libertà e dopo le prime esperienze è riuscita a trovare un suo equilibrio tra il tempo di lavoro e il tempo di viaggio.
Oltre a rincuorarla nella sua scelta, gli incontri con i moltissimi nomadi digitali sparsi per il mondo (e lo scambio di esperienze) le hanno permesso di evolvere in questa modalità di vita e lavoro, aiutandola così a perfezionare ulteriormente le sue abilità.
I luoghi del cuore di Ilaria
Di nuovo, Ilaria parla di due luoghi e ho come l’impressione che quello della «dualità» potrebbe essere un tema interessante da approfondire con lei. Ma non è questo il momento e quindi la lascio procedere con il suo racconto.
Se pensa all’Asia, cita subito Myanmar dove ha vissuto un’esperienza particolare perché quando ci è andata il Paese aveva da poco aperto agli stranieri, risultando così assolutamente incontaminato. Inoltre, le persone del luogo erano molto curiose e desiderose di parlare con i turisti e fotografarli. Ha vissuto quindi un confronto molto ravvicinato con gli abitanti di questo Paese complesso e questa è stata un’esperienza molto intensa per Ilaria.
Mentre parlando dell’altra sua anima, il Sud America, cita come prima cosa la Patagonia dove ha iniziato a scoprire la sua passione per il trekking e poi il Perù, dove ci racconta di aver raggiunto il Machu Picchu a piedi. Dice anche di essere rimasta inchiodata per un mese a Cuzco, un luogo che definisce mistico (oltre che un’ottima base di partenza per innumerevoli escursioni).
Poi parliamo di altitudine e foglie di coca…
Gli aspetti finanziari della vita da nomade digitale
Ho parlato della stessa questione con Elisa Scagnetti in questo articolo e devo dire che sono emerse alcune similitudini.
Di nuovo emerge la questione che, se vissuta in modo sobrio, una vita in viaggio può costare meno di una vita stanziale (soprattutto rispetto a città come Milano o Melbourne). E anche Ilaria, fino a poco fa, non aveva una sede stabile a cui tornare. Mentre da qualche tempo ha una casa a Milano, che diventa un AirB&B quando lei è via.
Come si diventa nomadi digitali?
Il consiglio di Ilaria è non fare tutto e subito, bensì iniziare a piccoli passi. Anche uscire a cena da soli una sera o fare un primo weekend in solitaria a Madrid è un primo passo verso questa vita. Le scelte estreme mettono troppa pressione e rischiano di mandare all’aria i nostri sogni. Meglio lanciarsi con calma, ascoltando le proprie necessità e i propri ritmi, perché essere nomadi digitali è un’evoluzione naturale. Anche in questo caso troviamo similitudini con la risposta data da Elisa Scagnetti alla stessa domanda.
Per concludere mi sento di definire il nomadismo digitale un viaggio di crescita dentro e fuori sé stessi, quasi un «viaggio nel viaggio».
Qui i link ai social di Ilaria:
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Buona strada!
Grazie per la bella intervista Marta ❤️
Complimenti per la scelta e grazie per il respiro che mi hanno donato queste immagini.