Scusate il fuori programma ma vorrei affrontare una tematica che ultimamente sta infiammando Substack, soprattutto nell’ambito degli utenti in lingua inglese.
In seguito a un’inchiesta del The Atlantic , che mette in luce come la piattaforma permetta l’esistenza di account e la pubblicazione di contenuti a sfondo nazi-fascista monetizzandoli e quindi incassando le relative percentuali, si sta verificando un fuggi-fuggi di account – anche importanti, come quello (in inglese) di Casey Newton, considerato uno dei più bravi giornalisti (tech) al mondo e titolare di un account su Substack da oltre 170’000 iscritti (parte dei quali a pagamento).
Prima di affrontare il tema centrale di questo fuori programma, ci tengo a dire che sono fermamente convinta che ogni piattaforma debba dotarsi di un regolamento per limitare quei contenuti che vanno oltre il limite accettabile* (pornografia, ovviamente anche minorile, violenza, lesioni, crudeltà verso gli animali e via dicendo) e che tale regolamento debba evolversi nel tempo, in base anche a ciò che accade all’interno della piattaforma stessa. Vorrei però aggiungere che forse, un modo efficace di arginare questi temi sia dare la possibilità ai singoli utenti di bloccare i post in base a determinate parole chiave così che un post che riceva molti blocchi venga considerato sgradito (e quindi perda importanza, forza). Oggi come oggi, con l’intelligenza artificiale e tutti gli algoritmi di cui disponiamo, non dovrebbe essere così difficile creare un sistema del genere (ma siccome non me ne intendo potrei aver scritto una baggianata). Perché così come è giusto che una piattaforma stabilisca alcune regole dall’alto, trovo corretto che la gestione dei contenuti avvenga anche dal basso, ossia dagli utenti stessi senza tuttavia dare avvio a una caccia alle streghe (attività nella quale abbiamo dato prova di essere più che bravi).
Tuttavia, non riesco a venire a capo di un dilemma – che è poi il motivo per cui vi sto scrivendo riguardo un tema molto diverso dai soliti che tratto su Parole on the road.
Fermo restando che il nazi-fascismo in tutte le sue espressioni possibili sia e resti qualcosa da combattere sempre e comunque, mi chiedo se l’abbandono della piattaforma (Substack, o qualsiasi altra) sia davvero la strada da percorrere.
Nella mia esperienza di vita, e anche di viaggio, ho capito che, se vuoi superare qualcosa, qualsiasi cosa, lo devi affrontare. Fuggire non farà altro che ingigantire il problema e renderlo ancora più difficile da superare.
Nel momento più intenso e doloroso del mio viaggio dalla Svizzera al Giappone sono dovuta giungere alla conclusione che non sarei riuscita a portare a termine il viaggio nella modalità che avevo inizialmente deciso: semplicemente, ho fatto la scelta di proseguire il viaggio e mandare al diavolo i buoni propositi. Questa decisione è stata il risultato di una lotta interiore intensa e profonda durata qualche giorno. Ma cosa sarebbe successo se non avessi trovato la forza di accettare la realtà e avessi insistito a voler continuare in moto anziché prendere il treno e godermi il resto del viaggio? Probabilmente (ma è solo un’ipotesi), sarei finita a odiare il mio viaggio e me stessa, avvelenando i nove mesi successivi che ho trascorso in Giappone nonché il ricordo di questa splendida esperienza. Con questo voglio dire che se non lo avessi affrontato subito, il problema sarebbe diventato ben più grande e doloroso.
Tornando quindi alla questione Substack, quando leggo post in cui si afferma di voler lasciare la piattaforma non riesco a fare a meno di pensare a una cosa: i nazi-fascisti non se ne andranno, né da Substack né da altre piattaforme (e nemmeno dalla faccia della Terra, anche se ad alcuni di noi piacerebbe). Anzi, andando via da una piattaforma, togliendole quindi potere, per andare altrove (e dare quel potere a un’altra piattaforma), non facciamo altro che traslocare il problema. Per quanto mi riguarda, siamo alla stregua del nascondere la polvere sotto il tappeto: la polvere così non la eliminiamo.
Per cui penso: e se invece usassimo quel potere in un altro modo? Se, invece di andarcene, ci coalizzassimo diventando più forti nell’affrontare il problema? Perché non creiamo un pool di autori che produca contenuti antifascisti, con l’intento di educare e informare le persone, diffondendo messaggi di pace e tolleranza? Oppure perché non ci inventiamo un altro modo per combattere il problema?
Anche perché, pur trovando legittima la questione del “Substack guadagna dai nazi-fascisti = io non voglio avere niente a che fare con Substack”, mi verrebbe da chiedere a tutti quelli che fanno questo ragionamento se lo applicano anche ad altri ambiti della loro vita. Molti degli autori che stanno lasciando la piattaforma sono statunitensi e vorrei capire se hanno bruciato il loro passaporto per le atrocità commesse dal loro Paese in passato (è una provocazione, state tranquilli, e il ragionamento si applica a qualsiasi nazionalità, compresa la mia, e a molte altre situazioni della nostra vita quotidiana).
Per altro abbiamo visto come questo tipo di comportamento (ossia trasferirsi su altre piattaforme) non abbia minimamente risolto il problema: tempo fa ci fu un fuggi-fuggi da Twitter (ora X) per via dell’ambiente tossico e verbalmente violento che si era creato. Peccato che, poco dopo, gli stessi utenti che lamentavano la tossicità di Twitter si siano trovati ad affrontare lo stesso problema sulla nuova piattaforma. Viviamo in un’era dove sono le persone a fare in contenuti, non più le grandi testate giornalistiche o emittenti TV. E questo, tutto sommato, potrebbe essere un bene perché voglio credere che – almeno in numero – le persone antifasciste e pacifiche nel mondo siano ben di più delle altre.
Naturalmente la questione non si esaurisce con questo mio scritto e non ho alcuna velleità di voler trovare una risposta o una soluzione definitiva al problema, ma questa volta non ho scelto il silenzio. Di sicuro, quello che voglio continuare a fare è condividere contenuti che abbraccino una visione pacifista e tollerante del mondo per soddisfare il bisogno che ho di sapere che sto facendo qualcosa – possibilmente di buono – con gli strumenti che ho a disposizione.
Vi chiedo quindi questo: cosa ne pensate e quali sono, secondo voi, le possibilità di affrontare la questione smettendo di andare da una piattaforma all’altra?
Grazie come sempre per aver letto fin qui e buona strada!
*Lo so, qui ci sarebbe da discutere su cosa sia il “limite accettabile” ma direi che rimando la discussione-polemica a un’altra volta :-).
intanto, grazie di "buttarti nell'agone", diciamo così. Comincio col dire che io sono uno di quelli usciti da Twitter (per un sacco di ragioni che cominciano per E e per M). Poi ci sono però anche altri modi e altri mondi, sì. Fra l'altro avevo letto pochi giorni fa che Substack aveva cambiato parere, e intendeva escludere certe posizioni. Quel che sempre più si vede è che ci sarà sempre più bisogno di moderazione da parte di chi gestisce piattaforme. Le alternative sfociano spesso nella guerriglia... Sono d'accordo sul fatto che l'utente può e deve agire per la sua parte (io non mi sogno neppure di seguire "cose nazista"). Poi però resta il grosso della questione, che io riassumerei, semplificando un tantino, nella parola responsabilità. Spingendo le cose all'estremo, per vedere cosa succede (pratica che si insegna agli studenti di filosofia...) direi che all'estremo c'è il fatto che anche Substack diventi tossico e impraticabile, e a un altro estremo c'è (ci potrebbe essere) la presa in carico di una piattaforma moderata da parte di certe istituzioni. Penso (da un po') che l'Unione Europea dovrebbe pensare a questo in un senso di pratica della cittadinanza europea al giorno di oggi. Molti anni fa il Comune di Bologna fu il primo (o fra i primi) a dare un accesso gratuito all'internet di quei tempi. SI disse appunto che era una questione di cittadinanza poter avere accesso alla rete. Oggi direi che questo discorso vale ancora di più
Ciao. Mi sono posto lo stesso problema qualche settimana fa e – forse anche un po' per pigrizia – anche io ho concluso che è meglio restare qui su Substack, piattaforma che nonostante i problemi di moderazione rimane secondo me valida e interessante (al contrario di Twitter dopo l'arrivo di Elon Musk).
La mia è comunque una conclusione provvisoria – vediamo come prosegue la vicenda