Li ho seguiti per un po' all'inizio, e trovo che sia un'iniziativa che merita di essere approfondita. È sicuramente un bel modo di ridare alle comunità locali che accolgono ND.
Se ne parla molto ultimamente di nomadismo digitale per l'impatto che ha sui luoghi dove queste persone vanno. Banalmente, spesso fanno aumentare gli affitti di posti dove le persone hanno un potere d'acquisto inferiore, ma al tempo stesso investono i loro soldi nel paese dove vanno e fanno comunque girare l'economia. Il discorso è pieno di contraddizioni e molto complesso, in effetti. Se non la segui già, ti consiglio la newsletter di Vincenzo Rizza su questo tema: https://vitadanomade.substack.com/p/altri-nomadi
Grazie per il tuo commento! Seguo già Vincenzo :-) (tra l'altro ho scoperto l'articolo proprio grazie al suo ultimo numero). Lo so è un tema controverso e sicuramente non ho mai pensato di poterlo risolvere. Però trovo che sia necessario parlarne.
Vero, alla fine chi si ferma più tempo in un paese, spende anche per viverci e con un po’ di consapevolezza magari va dal fruttivendolo sotto casa anziché nel grande magazzino occidentale trapiantato lì.
Non ho ancora letto l’articolo menzionato, ma di sicuro - come dici anche tu - non si può fare di tutta l’erba un fascio.
C’è chi lavora da remoto per stare più tempo con la famiglia o magari per tornare “al paese” invece di affogare in una grande città, c’è chi viaggia qui e lì e qui si ferma per molto tempo in un paese straniero. In quel caso non è più nomade però.
Forse puntare il dito contro i nomadi digitali riguardo l’aumento dell’affitto non è tanto corretto e ne parlavo di recente con un altro nomade.
La cosa più immediata per trovare un alloggio è controllare Airbnb (a meno che non si conosca già qualcuno lì). Questa piattaforma, però, è calibrata sui prezzi per turisti. Tanto che quando ero in Marocco io pagavo 300€ al mese con una casa trovata tramite passaparola e un mio amico quasi 700€ (in Marocco, eh!) per un buco trovato su Airbnb.
Inoltre i nomadi digitali di solito usano un visto turistico, per cui dopo 30 o 90 giorni devono lasciare il paese, cosa che comporta il non poter avere un contratto annuale con prezzi “locali”.
Tutto questo pippone per dire che 1. I nomadi si trovano in una situazione problematica perché è difficile trovare un alloggio a medio termine a prezzi non turistici, 2. Per la questione dei prezzi altissimi bisogna più guardare ai turisti (ti scrivo da Venezia, quindi ne so qualcosa purtroppo) o a chi si stabilisce a lungo termine ma ha grandi possibilità economiche rispetto alle popolazioni locali.
Ciao Alessandra, infatti l'articolo cita appunto l'esempio degli expat americani che si trasferiscono a Città del Messico. Di solito, questi expat hanno redditi medio alti e fanno lavori specializzati che permettono loro di lavorare da remoto. Lo stesso vale per il Portogallo o per le Canarie. Però a mio avviso la "colpa" è forse più del Paese ospitante: mai una volta che si pensi di adeguare gli stipendi e aumentare il livello di benessere di tutti, più facile dare la colpa a chi cerca di vivere con meno. Ripeto, non ho l'arroganza di risolvere il problema ma, essendo un articolo di giornale, avrei gradito un'informazione più a 360 gradi...
Sì, un’informazione più a 360 gradi e anche meno generalizzazioni. Comunque c’è sempre l’opzione del nostro caro sindaco di Venezia che ha detto - più o meno - “Se non potete permettervi un affitto qua, trasferitevi in terraferma”. Grazie 👌
1. Si fa enorme confuzione tra ND, expat e turisti, distinzione non solo teorica, ma soprattutto pratica visto che si parla di numeri completamente diversi. Quanti sono i nomadi digitali? È una premessa essenziale per poter parlare di cambiamenti economici rilevanti.
2. Come diceva Davide su @incudine ricordiamoci che chi alza i prezzi non sono gli utilizzatori, ma i proprietari di casa e anche questo non è un dettaglio trascurabile, soprattutto considerando il fatto che come dice bene @Ilaria in un commento, trovare casa a prezzi accettabili per un ND è una sfida.
3. La meta è cruciale nel discorso. Nel nostro caso vivere per un periodo di tempo in un luogo poco turistico come può essere un borgo di montagna in via di spopolamento signfica contribuire a livello economico (spendendo in nostri soldi nel territorio) sociale (partecipando alla vita di paese e aiutando le realtà nella digitalizzazione) e turistico (scrivendo relazioni e raccontando il territorio).
Questo per dire che anche parlare di "nomadi digitali" in generale mi fa sempre molto sorridere perché non siamo una categoria, siamo persone e questo mi piace ricordarlo.
Sono assolutamente d'accordo. Come dicevo, mancando (a mio avviso, ma potrei sbagliarmi) delle statistiche affidabili che facciano una sorta di radiografia del variegato mondo dei ND è difficile prendere posizione da fuori (mi riferisco all'articolo). Ad ogni modo staremo a vedere e, intanto, sorridiamo :-)
Ottima riflessione, che non invecchia mai. Come community ci siamo spesso interrogati sull'impatto di un certo stile di vita nomade sulle comunità locali. E, come molti hanno già fatto notare, non può essere un'intera categoria di persone il capro espiatorio. I nomadi digitali non sono tutti uguali, molti viaggiano in maniera lenta cercando di integrarsi per quanto possono nella cultura e lo stile di vita del luogo. Altri in effetti viaggiano e spendono come turisti. Ma anche nel secondo caso, non c'è niente di sbagliato in sé né nell'atteggiamento, né può essere additato a una singola categoria. Perché lo stesso dualismo nelle modalità di viaggiare lo si può identificare anche tra quelli che nomadi digitali non lo sono. Quello che conta, è educare a un viaggio più consapevole e sostenibile. Come community, nel nostro piccolo, ci impegniamo anche su questo fronte (e sul sito abbiamo dato anche spazio al racconto di realtà associative di nomadi che si impegnano col loro contributo).
Sono d'accordo. Anche perché non dobbiamo dimenticare che chi ha in mano il mercato degli affitti brevi sono i (grandi) proprietari immobiliari. E loro non si fanno troppi scrupoli ad alzare i prezzi e a farla da padroni. Ma come al solito si cerca di puntare il dito sulle comunità più facilmente attaccabili (prova a prendertela con un colosso immobiliare poi vediamo) :-) Cmq è giusto parlarne! Grazie per il commento.
Bello spunto l’associazione, darò sicuramente un’occhiata!
Li ho seguiti per un po' all'inizio, e trovo che sia un'iniziativa che merita di essere approfondita. È sicuramente un bel modo di ridare alle comunità locali che accolgono ND.
Se ne parla molto ultimamente di nomadismo digitale per l'impatto che ha sui luoghi dove queste persone vanno. Banalmente, spesso fanno aumentare gli affitti di posti dove le persone hanno un potere d'acquisto inferiore, ma al tempo stesso investono i loro soldi nel paese dove vanno e fanno comunque girare l'economia. Il discorso è pieno di contraddizioni e molto complesso, in effetti. Se non la segui già, ti consiglio la newsletter di Vincenzo Rizza su questo tema: https://vitadanomade.substack.com/p/altri-nomadi
Grazie per il tuo commento! Seguo già Vincenzo :-) (tra l'altro ho scoperto l'articolo proprio grazie al suo ultimo numero). Lo so è un tema controverso e sicuramente non ho mai pensato di poterlo risolvere. Però trovo che sia necessario parlarne.
Vero, alla fine chi si ferma più tempo in un paese, spende anche per viverci e con un po’ di consapevolezza magari va dal fruttivendolo sotto casa anziché nel grande magazzino occidentale trapiantato lì.
Non ho ancora letto l’articolo menzionato, ma di sicuro - come dici anche tu - non si può fare di tutta l’erba un fascio.
C’è chi lavora da remoto per stare più tempo con la famiglia o magari per tornare “al paese” invece di affogare in una grande città, c’è chi viaggia qui e lì e qui si ferma per molto tempo in un paese straniero. In quel caso non è più nomade però.
Forse puntare il dito contro i nomadi digitali riguardo l’aumento dell’affitto non è tanto corretto e ne parlavo di recente con un altro nomade.
La cosa più immediata per trovare un alloggio è controllare Airbnb (a meno che non si conosca già qualcuno lì). Questa piattaforma, però, è calibrata sui prezzi per turisti. Tanto che quando ero in Marocco io pagavo 300€ al mese con una casa trovata tramite passaparola e un mio amico quasi 700€ (in Marocco, eh!) per un buco trovato su Airbnb.
Inoltre i nomadi digitali di solito usano un visto turistico, per cui dopo 30 o 90 giorni devono lasciare il paese, cosa che comporta il non poter avere un contratto annuale con prezzi “locali”.
Tutto questo pippone per dire che 1. I nomadi si trovano in una situazione problematica perché è difficile trovare un alloggio a medio termine a prezzi non turistici, 2. Per la questione dei prezzi altissimi bisogna più guardare ai turisti (ti scrivo da Venezia, quindi ne so qualcosa purtroppo) o a chi si stabilisce a lungo termine ma ha grandi possibilità economiche rispetto alle popolazioni locali.
Ciao Alessandra, infatti l'articolo cita appunto l'esempio degli expat americani che si trasferiscono a Città del Messico. Di solito, questi expat hanno redditi medio alti e fanno lavori specializzati che permettono loro di lavorare da remoto. Lo stesso vale per il Portogallo o per le Canarie. Però a mio avviso la "colpa" è forse più del Paese ospitante: mai una volta che si pensi di adeguare gli stipendi e aumentare il livello di benessere di tutti, più facile dare la colpa a chi cerca di vivere con meno. Ripeto, non ho l'arroganza di risolvere il problema ma, essendo un articolo di giornale, avrei gradito un'informazione più a 360 gradi...
Sì, un’informazione più a 360 gradi e anche meno generalizzazioni. Comunque c’è sempre l’opzione del nostro caro sindaco di Venezia che ha detto - più o meno - “Se non potete permettervi un affitto qua, trasferitevi in terraferma”. Grazie 👌
Arrivo in ritardissimo, ma
1. Si fa enorme confuzione tra ND, expat e turisti, distinzione non solo teorica, ma soprattutto pratica visto che si parla di numeri completamente diversi. Quanti sono i nomadi digitali? È una premessa essenziale per poter parlare di cambiamenti economici rilevanti.
2. Come diceva Davide su @incudine ricordiamoci che chi alza i prezzi non sono gli utilizzatori, ma i proprietari di casa e anche questo non è un dettaglio trascurabile, soprattutto considerando il fatto che come dice bene @Ilaria in un commento, trovare casa a prezzi accettabili per un ND è una sfida.
3. La meta è cruciale nel discorso. Nel nostro caso vivere per un periodo di tempo in un luogo poco turistico come può essere un borgo di montagna in via di spopolamento signfica contribuire a livello economico (spendendo in nostri soldi nel territorio) sociale (partecipando alla vita di paese e aiutando le realtà nella digitalizzazione) e turistico (scrivendo relazioni e raccontando il territorio).
Questo per dire che anche parlare di "nomadi digitali" in generale mi fa sempre molto sorridere perché non siamo una categoria, siamo persone e questo mi piace ricordarlo.
Grazie per la riflessione!
Sono assolutamente d'accordo. Come dicevo, mancando (a mio avviso, ma potrei sbagliarmi) delle statistiche affidabili che facciano una sorta di radiografia del variegato mondo dei ND è difficile prendere posizione da fuori (mi riferisco all'articolo). Ad ogni modo staremo a vedere e, intanto, sorridiamo :-)
Ottima riflessione, che non invecchia mai. Come community ci siamo spesso interrogati sull'impatto di un certo stile di vita nomade sulle comunità locali. E, come molti hanno già fatto notare, non può essere un'intera categoria di persone il capro espiatorio. I nomadi digitali non sono tutti uguali, molti viaggiano in maniera lenta cercando di integrarsi per quanto possono nella cultura e lo stile di vita del luogo. Altri in effetti viaggiano e spendono come turisti. Ma anche nel secondo caso, non c'è niente di sbagliato in sé né nell'atteggiamento, né può essere additato a una singola categoria. Perché lo stesso dualismo nelle modalità di viaggiare lo si può identificare anche tra quelli che nomadi digitali non lo sono. Quello che conta, è educare a un viaggio più consapevole e sostenibile. Come community, nel nostro piccolo, ci impegniamo anche su questo fronte (e sul sito abbiamo dato anche spazio al racconto di realtà associative di nomadi che si impegnano col loro contributo).
Sono d'accordo. Anche perché non dobbiamo dimenticare che chi ha in mano il mercato degli affitti brevi sono i (grandi) proprietari immobiliari. E loro non si fanno troppi scrupoli ad alzare i prezzi e a farla da padroni. Ma come al solito si cerca di puntare il dito sulle comunità più facilmente attaccabili (prova a prendertela con un colosso immobiliare poi vediamo) :-) Cmq è giusto parlarne! Grazie per il commento.